"Le Fontane del Paradiso" è un romanzo di Arthur C. Clarke, scritto nel 1979 e vincitore del premio Nebula di quell'anno e dell'Hugo l'anno successivo.
Sconsiglio di leggerne la recensione su Wikipedia, poiché contiene alcuni spoiler non gravissimi, ma comunque rilevanti.
E' un romanzo di fantascienza per la tematica centrale e per i suoi sviluppi, ma abbraccia più generi, soprattutto nella parte iniziale, divenendo anche un testo divulgativo sulla storia di una zona dello Sri Lanka e sui suoi miti. Proprio la parte iniziale è, a mio avviso, un po' prolissa e differente da quando un lettore di fantascienza si aspetterebbe. L'amore di Clarke per la sua terra d'adozione, per il luogo in cui decise di vivere (e morire) è palpabile e porta ad estendere ciò che potremmo definire prologo, fino a divenire un terzo (o poco meno) dell'intero testo.
Personalmente, andando contro alla celebrazione dimostrata dai vari premi, e all'apprezzamento che di certo si troverà in rete, considero questo romanzo inferiore al, pur semplice ed assai lineare "Le Sabbie di Marte", non solo per la prolissità della prima parte, sopra citata, ma per una più frammentata gestione dei momenti e dell'evoluzione temporale del filone principale.
Le cose iniziano, poi improvvisamente sono passati dieci anni. Nulla di male, ma il filone principale, la tematica primaria, è ciò che mi interessava e pare essere stata "tirata via" in favore del prologo.
La trama si svolge intorno alla volontà di creare una torre in grado di portare in orbita geostazionaria satelliti, persone e materiali. Le informazioni tecniche sono sempre puntuali e molto interessanti. La costruzione della torre non è semplice, a partire dalla scelta della località che dovrà accoglierne la base. Proprio tale località è protagonista del prologo. Si tratta di un'affascinante cima che ospita le rovine di una fortificazione, le "Fontane del Paradiso" dove un re, Kalidas aveva vissuto nel lusso e nel piacere, facendo addirittura portare migliaia di ettolitri d'acqua dagli schiavi per godere di un ingegnoso sistema idrico, avente funzione estetica, le fontane, appunto. E' sede anche di un monastero buddhista e meta turistica assai frequentata.
La località , fittiziamente posizionata sull'equatore e chiamata Yakkagala, nella realtà è più a nord di circa 800km.
Il grande valore del testo, a mio avviso, non è in ciò che io chiamo prologo, nè nella tematica principale riguardante la torre, ma in ciò che davvero caratterizza questo romanzo, ovvero un "terzo elemento" inatteso e stupefacente: il contatto con una civiltà aliena. Non si tratta di banali omini verdi, non si tratta di visitatori che scendono sul pianeta per conquistarci o conoscerci. Non vi dirò di più, ma questo incontro è la vera gemma del romanzo.
Chi avesse letto "Le Sabbie di Marte" sappia che, di quel Clarke, troverà solo l'abile inventore/divulgatore, lo scrittore dallo stile, comunque, conciso, la fantasia invidiabile. Non troverà la linearità , la prevedibilità , la garanzia che "tutto andrà sempre bene", caratteristica del romanzo dedicato al pianeta rosso. Detta così pare che questo "Le Fontane del Paradiso" debba vincere sul suo, assai precedente, "collega", ma non è così. L'ho trovato meno magnetico, meno "addicting", meno fascinoso.
Rimane un testo importante, per gli amanti della fantascienza, e fondamentale per i curiosi che vogliano sapere perché e per come non possiamo costruire, oggi, un elevatore spaziale.
Alcune copertine:

Questa, la prima copertina di Urania per questo testo, c'entra meno di niente con la tematica.
