Comunque mi fa piacere confrontarmi con la tua posizione diametralmente opposta!
E allora te lo sei voluto tu

Il pregiudizio non si sana poiché ogni volta si basa su un fattore predominante: la presenza della persona nei fatti. Un fatto letto permette con molta facilità di allontararsi da esso e pretendere, dai protagonisti inventati o reali e citati, una distanza anche morale: "Non mi sarei comportato così".
Un fatto vissuto, o un momento storico vissuto, anche senza un "danno" diretto a noi stessi, ci permea e rende vera la paura che, spesso, è alla base del pregiudizio. "PRE-giudizio", ovvero giudizio espresso prima di sapere. Siamo sicuri che questo sia sempre avvenuto, nella storia, PRIMA di sapere? PRIMA di conoscere? O, talvolta, avviene avendo visto e conosciuto, magari col difetto della visione e conoscenza superficiale, imperfetta. PRE ha un suo senso, se io devo esprimere un giudizio su qualcuno, quando questo qualcuno mi ha già rovinato, non mi serve a granché. Ecco che il PREgiudizio è utile, può anche salvarmi. E' certamente legato alla paura.
La paura raccontata è una riflessione, la paura vissuta è una miccia per gli istinti di protezione della persona, del suo gruppo, della sua "gens".
Quindi abbiamo, nella ricetta, la paura. Un sentimento che vive nel presente.
Poi va detto che la protezione di sé e dei propri "simili" è nel codice genetico di ogni bestia. L'uomo DEVE proteggere sé ed i propri "simili" perché è scritto che sia così, "la storia insegna" ( :clap: ) che è sempre stato così e spesso si tende a considerare ciò che è naturale come "giusto", magari non in senso morale, ma certamente in senso utilitaristico, e, alla Natura, non interessa altro.
Quindi abbiamo, nella ricetta, la paura e la natura.
Abbiamo quindi detto che qualcosa la storia insegna. Insegna che, osservandola, si trovano risposte. Forse non ai perché, ma certamente alla domanda "è stato così altre volte?". La storia quasi sempre insegna che lo è stato.
La storia, inoltre, dovrebbe insegnare, prima di tutto a chi la tratta come cosa familiare, che nel tempo stesso in cui una persona è vissuta, spesso, ha avuto torto nel giudicare. Dal '30 al '45 il popolo germanico ha avuto torto a giudicare corretta la condotta del popolo germanico (mettendoci anche gli Austriaci che erano i più feroci contro gli ebrei, vedi "La ricerca della Memoria" di Kandel).
Perché oggi dobbiamo presumere di avere ragione, nel condannare la condotta del popolo quando usa il pregiudizio per difendersi? E soprattutto: secondo quale buffa teoria delle persone nate in luoghi diversi, da società aventi storia e costumi diversi, talvolta con religione diversa, devono vedere tutta questa preziosa diversità cancellata? Secondo quale irrealistica teoria dovremmo essere "tutti uguali" (natura ce ne scampi!)?
La diversità è un fatto e dovremmo essere grati della sua esistenza, e rispettarla, ma non solo quella degli altri, anche la nostra.