Autore Topic: La brutta malattia: la solitudine  (Letto 3130 volte)

Caramon77

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La brutta malattia: la solitudine
« il: Settembre 27, 2017, 08:47:37 »
Dalla cronaca: finge cefalea per passare il compleanno in ospedale, anziché da solo.

Link Corriere

Cito un passaggio dal post Facebook di una delle infermiere:

Citazione
Diamo valore a quello che abbiamo e non a quello che ci manca, se avete qualcuno che vi aspetta, qualcuno che vi chiama, che si preoccupa per voi, che vi apprezza e vi ama, amate molto e soprattutto abbiate cura di lui perché siete milionari e non ve ne rendete conto.

Chissà quante persone soffrono in silenzio per questa orrenda malattia. Certo a volte verrebbe da dire che si può provare a risolversela da sé, ma le persone non sono tutte uguali, non è detto che sia facile.

EDIT: Corretto il link.
« Ultima modifica: Settembre 28, 2017, 08:58:51 da Caramon77 »
Per lui ogni goccia che cadeva era un attimo che moriva. Sentiva il tempo scorrere dentro di lui, e ogni istante non poteva esser più ricatturato.


Al mondo ci sono solo 10 tipi di persone: quelli che capiscono il codice binario e quelli che non lo capiscono.

A.l.e

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Re:La brutta malattia: la solitudine
« Risposta #1 il: Settembre 27, 2017, 20:29:57 »
Hai ragione, siamo talmente concentrati su noi stessi ed i nostri problemi che non ci rendiamo conto di quanto alcune persone, magari anche persone di nostra conoscenza e che diamo per scontato che ci siano sempre, siano in realtà soli. Grazie di avermi fatto riflettere su questo argomento.

P.S.
Il link punta ad una pagina che non c'entra nulla, forse è meglio se lo correggi.

Caramon77

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Re:La brutta malattia: la solitudine
« Risposta #2 il: Settembre 28, 2017, 09:05:48 »
Link corretto.

In effetti, al di là dei casi eclatanti, noi stessi forse ci guardiamo poco attorno. Se lo facessimo vedremmo tanta gente sola, pur se in mezzo alla folla. Rimane che ci sono diversi tipi di solitudine e quella dell'anziano è forse la peggiore, perché è facile che abbia ormai perso molti degli amici di una vita, magari anche la persona che ha diviso con lui gli anni migliori e chissà se ha figli...

Nella mia famiglia abbiamo tre realtà distinte essendo di origini trentine e piemontesi, ma residenti a Bologna.

Da parte piemontese i familiari sono così tanti che i nonni non avevano mai tempo di annoiarsi. In Piemonte la realtà è complessa, penso che nelle grandi città di sparisca facilmente, noi ovviamo con la famiglia numerosa, ma di persone sole per me ce ne sono parecchie. In periferia fanno feste e ci sono alcuni luoghi di aggregazione (non come in Emilia), ma in città non ho notato nulla di tutto ciò.

Da parte trentina, invece, la famiglia è più piccola e la nonna ha vissuto novant'anni, con poca compagnia fissa (ma aveva una personalità compatibile, come me) finché era in salute, però stava in un paesello (conta), e uno dei figli la visitava spesso (mio padre, una volta in pensione e finché c'è stato, andava su 15 giorni al mese). Comunità piccole ed unite, servizi pubblici validi (servizio pasti quotidiano) e vicina ingaggiata per passare ogni giorno... ce la siamo cavata. Anche le città sono a misura d'uomo.

A Bologna abbiamo una nonna di 93 anni. Vive con mia suocera nell'appartamento accanto al nostro. In Emilia c'è una rete di centri sociali molto frequentati, pieni di iniziative. Sono maglie della catena della società e non ci vanno solo gli anziani, ma tutti.  Noi stiamo nella prima periferia. Abbiamo un centro anziani nella nostra viuzza secondaria (50 metri) e due centri sociali molto grossi ed attivi a 10 minuti di bus. Sempre che la persona sia disposta ad andarci, ma la nonna di Bologna non lo è quindi non è sola perché ha fatto una figlia, altrimenti, non essendo persona che cerca compagnia, lo sarebbe eccome.

Cosa voglio dire? Nel primo caso la famiglia numerosa ha risolto il problema alla base. Oggi, però, poche famiglie sono numerose. Nel secondo caso la comunità e l'impegno delle poche persone vicine hanno (spero) risolto il problema, ma comunità come quella sono rare (un vero paese, vivo ed unito). Nel terzo caso il mondo esterno avrebbe qualche soluzione, ma la persona non vuole accoglierle e solo l'aver preventivato l'esigenza anni fa (vendendo una casa e comprando un appartamento attaccato al nostro) riduce il disagio (che resta, perché adesso mia suocera praticamente fa la badante). Questo richiede pianificazione, denaro e tempo (mia suocera lavora quando mia moglie è a casa, fanno un lavoro flessibile, ma se non vanno non guadagnano).

Scusate se mi sono dilungato.

E' evidente che sono spesso percorsi ad ostacoli?

Insomma... da una parte c'è il destino. Se non hai nessuno, non hai nessuno.

Dall'altra ci sono le persone (che eventualmente hai) che non devono fregarsene di te.

Poi c'è un problema strutturale che le nostre comunità affrontano talvolta bene e talvolta no.

In ultimo la persona stessa. Imparassimo, già da ragazzi (da piccoli lo facciamo) a chiedere aiuto quando abbisognamo di aiuto forse la vita sarebbe diversa.

Secondo me stiamo costruendo un mondo avanzato, ma distruggendo l'umanità e non abbiamo alternative, perché per esempio io (che mi ritengo fortunato) non avrei risorse per altri 2 o 3 figli (ne ho una), quindi niente famiglia numerosa, non ho il coraggio di trasferirmi in una piccola comunità (sia per questioni lavorative che per altro), quindi niente "coccole da paese" e, se per disgrazia dovessi sopravvivere a mia moglie, non voglio diventare un peso per la mia unica figlia, né costringerla a tenermi in casa.
« Ultima modifica: Settembre 28, 2017, 09:43:42 da Caramon77 »
Per lui ogni goccia che cadeva era un attimo che moriva. Sentiva il tempo scorrere dentro di lui, e ogni istante non poteva esser più ricatturato.


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Re:La brutta malattia: la solitudine
« Risposta #3 il: Settembre 28, 2017, 14:10:47 »
È ormai da molto tempo che ho capito che siamo tutti molto più soli di una volta, a dispetto di tutta la tecnologia che ci circonda oggigiorno.
Anche all'interno delle stesse famiglie si è perso quel sentimento di mutua solidarietà che non dovrebbe mai mancare. Oggi non abbiamo più tempo per accorgerci della solitudine degli altri,  non solo, ma rancore e menefreghismo la fanno da padrone, al punto da arrivare a riempire la cronaca nera dei notiziari..
Ed è brutto dover riconoscere che i più disattenti, anaffettivi e ingrati siamo spesso noi figli.
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Re:La brutta malattia: la solitudine
« Risposta #4 il: Settembre 28, 2017, 14:39:07 »
Mi è rimasto impresso un servizio televisivo delle iene a seguito del terremoto avvenuto a L'Aquila in cui la iena di turno faceva notare come nell'accampamento di tende ci fosse una vita sociale più intensa di prima del terremoto.

Un altro ricordo che mi torna in mente risale al tempo in cui da studente universitario condividevo un appartamento con altri ragazzi e una vicina di casa anziana veniva spesso a trovarci con scuse banali per non dover stare sola.

Caramon77

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Re:La brutta malattia: la solitudine
« Risposta #5 il: Settembre 28, 2017, 15:17:05 »
Noi, in condominio, ci conosciamo benino e proprio domenica abbiamo una grigliata con 4 delle 8 famiglie del palazzo. Quando racconto questa cosa molti si stupiscono. Eppure anche nel nostro caso ci si ignorava, finché io e mia moglie non abbiamo fatto in modo di socializzare e far gruppo.

Tante volte basta poco.
Per lui ogni goccia che cadeva era un attimo che moriva. Sentiva il tempo scorrere dentro di lui, e ogni istante non poteva esser più ricatturato.


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