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In effetti, al di là dei casi eclatanti, noi stessi forse ci guardiamo poco attorno. Se lo facessimo vedremmo tanta gente sola, pur se in mezzo alla folla. Rimane che ci sono diversi tipi di solitudine e quella dell'anziano è forse la peggiore, perché è facile che abbia ormai perso molti degli amici di una vita, magari anche la persona che ha diviso con lui gli anni migliori e chissà se ha figli...
Nella mia famiglia abbiamo tre realtà distinte essendo di origini trentine e piemontesi, ma residenti a Bologna.
Da parte piemontese i familiari sono così tanti che i nonni non avevano mai tempo di annoiarsi. In Piemonte la realtà è complessa, penso che nelle grandi città di sparisca facilmente, noi ovviamo con la famiglia numerosa, ma di persone sole per me ce ne sono parecchie. In periferia fanno feste e ci sono alcuni luoghi di aggregazione (non come in Emilia), ma in città non ho notato nulla di tutto ciò.
Da parte trentina, invece, la famiglia è più piccola e la nonna ha vissuto novant'anni, con poca compagnia fissa (ma aveva una personalità compatibile, come me) finché era in salute, però stava in un paesello (conta), e uno dei figli la visitava spesso (mio padre, una volta in pensione e finché c'è stato, andava su 15 giorni al mese). Comunità piccole ed unite, servizi pubblici validi (servizio pasti quotidiano) e vicina ingaggiata per passare ogni giorno... ce la siamo cavata. Anche le città sono a misura d'uomo.
A Bologna abbiamo una nonna di 93 anni. Vive con mia suocera nell'appartamento accanto al nostro. In Emilia c'è una rete di centri sociali molto frequentati, pieni di iniziative. Sono maglie della catena della società e non ci vanno solo gli anziani, ma tutti. Noi stiamo nella prima periferia. Abbiamo un centro anziani nella nostra viuzza secondaria (50 metri) e due centri sociali molto grossi ed attivi a 10 minuti di bus. Sempre che la persona sia disposta ad andarci, ma la nonna di Bologna non lo è quindi non è sola perché ha fatto una figlia, altrimenti, non essendo persona che cerca compagnia, lo sarebbe eccome.
Cosa voglio dire? Nel primo caso la famiglia numerosa ha risolto il problema alla base. Oggi, però, poche famiglie sono numerose. Nel secondo caso la comunità e l'impegno delle poche persone vicine hanno (spero) risolto il problema, ma comunità come quella sono rare (un vero paese, vivo ed unito). Nel terzo caso il mondo esterno avrebbe qualche soluzione, ma la persona non vuole accoglierle e solo l'aver preventivato l'esigenza anni fa (vendendo una casa e comprando un appartamento attaccato al nostro) riduce il disagio (che resta, perché adesso mia suocera praticamente fa la badante). Questo richiede pianificazione, denaro e tempo (mia suocera lavora quando mia moglie è a casa, fanno un lavoro flessibile, ma se non vanno non guadagnano).
Scusate se mi sono dilungato.
E' evidente che sono spesso percorsi ad ostacoli?
Insomma... da una parte c'è il destino. Se non hai nessuno, non hai nessuno.
Dall'altra ci sono le persone (che eventualmente hai) che non devono fregarsene di te.
Poi c'è un problema strutturale che le nostre comunità affrontano talvolta bene e talvolta no.
In ultimo la persona stessa. Imparassimo, già da ragazzi (da piccoli lo facciamo) a chiedere aiuto quando abbisognamo di aiuto forse la vita sarebbe diversa.
Secondo me stiamo costruendo un mondo avanzato, ma distruggendo l'umanità e non abbiamo alternative, perché per esempio io (che mi ritengo fortunato) non avrei risorse per altri 2 o 3 figli (ne ho una), quindi niente famiglia numerosa, non ho il coraggio di trasferirmi in una piccola comunità (sia per questioni lavorative che per altro), quindi niente "coccole da paese" e, se per disgrazia dovessi sopravvivere a mia moglie, non voglio diventare un peso per la mia unica figlia, né costringerla a tenermi in casa.