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1965
Bella, bellissima! L'ho desiderata ed ammirata nella vetrina del concessionario ed ora, finalmente è mia. Il momento magico della consegna della chiave, la canonica stretta di mano, le raccomandazioni per tagliando, rodaggio e poi a bordo! L'odore di auto nuova era inebriante ed intendevo godermi il momento fino in fondo.
Il venditore continuò a sorridere, come avesse una paresi, per tutto il minuto o i due minuti in cui sono rimasto ad ammirare il cruscotto, a toccare il volante poi, finalmente, inserii la chiave della mia fiammante MG B bianca con gli interni in pelle rossa.
Il poderoso milleotto mi disse: ora siamo io e te.
Dal primo benzinaio, poi via, attraverso Nicollet Island, per il rito che ho sempre rispettato: mostrare la nuova auto al Mississipi. E' sempre stato come un battesimo. Un lento, calmo giro sulle strade della piccola isola, poi via attraverso Saint Anthony Falls e accelerando man mano, sin fuori Minneapolis. Non prima di aver fatto una sosta da Hughes per una bottiglia buona.
Non ero più un ragazzino, ma non ero ancora un vecchio. Sarei stato felice, se le cose, le fondamenta del mio passato, fossero state diverse. Più clementi. Ero, invece, timidamente triste. Solo, perché Eleonore non c'era più, solo perché non avevamo avuto figli, solo perché i miei amici, i miei commilitoni, erano morti nelle Ardenne o... dopo.
Millenovecentosessantacinque. Suona pieno, come pieno era. Di futuro, di sogni, di paura, per i maledetti russi che stanno vincendo. Se non ci sbrighiamo arriviamo secondi. Se non costruiamo testate quanto e più di loro arriviamo ultimi.
Guidavo e godevo della velocità , del rumore stupendo del milleotto. Scalata, salita, fantastico. Giornata fantastica, di quelle che mi danno un po' di gioia. La sera non mi sentii triste, non mi sentii vuoto. Amo le macchine, a volte più delle persone.
Guardando la città da lontano, ero rilassato. Era freddo, troppo freddo per settembre. De Gaulle diceva che la Francia sarebbe uscita dalla NATO. I ragazzi erano in Vienam da marzo, l'otto mi hanno telefonato dicendo di cominciare il trattamento. Ho detto loro che non si fa questa cosa il giorno stesso dell'impegno del reparto.
Non gli ho detto di Mariner 4, non sono obbligato, non possono immaginare che funzioni anche con lui.
Mi maledico, non riesco a "staccare", quella doveva essere una giornata dedicata a me non al lavoro. Tornai in città , per andare a bere a casa di Francis, mi piace stare con lui e mi piace la sua casa, con quella vecchia pubblicità della farina Pillsbury's, ormai scolorita, e i muri in mattoni a vista. Mi sento tranquillo.
Con lui bastarono poche parole: funzionava e pure troppo. Era convinto che qualcuno avesse installato un ciclope in qualche zona arida, tipo in Messico, senza dirlo. Forse per avere una prova reale delle mie percezioni.
Gli spiegai che gli Yurei hanno una loro specifica impronta, un dolore che trasmettono con le immagini e le sensazioni. Lo Yurei dentro Mariner, ridicola idea di quel pazzo di Gerry, lo conoscevo. Mi invadeva la mente era terrorizzato e furioso per essere stato inviato sul pianeta rosso. Veramente era furioso per non aver avuto la possibilità di riposare in pace, ma tutti i partecipanti al progetto Ciclope erano volontari, lo aveva deciso lui, che si fottesse.
Vedere Marte era sgradevole. Era come vedere l'inferno, ma essere lì da soli. La cosa peggiore, che ancora non avevo detto agli altri, non era che, effettivamente, il legame funzionava, indipendentemente dalla distanza. La cosa peggiore era che io "sentivo" anche le macchine e quella macchina, Mariner, non avrebbe rilasciato lo Yurei di Fitch, non avrebbe funzionato.
Accettare di aderire ad un programma sperimentale che prevede di ucciderti orribilmente, per intrappolare il tuo fantasma in una capsula è roba da folli esaltati, ma ritrovarsi con la propria anima imprigionata per sempre su un pianeta deserto è delirio.
Bevemmo. Un bel po'. Fu una bella serata.
Fui svegliato dal maledetto telefono. "Vieni subito", fu tutto ciò che udii. Presumo che avessero detto qualcosa anche prima.
La MG rombò per Hennepin Avenue, poi saettò in altre cento strade e mi portò a destinazione, al cancello sembravo un pavone, i complimenti erano meritati. Una sgasatina del milleotto e via verso il parcheggio della Edgerton Spirits. Sempre pensato che fosse di cattivo gusto, visto il lavoro che ci facevamo, ma quella struttura era precedente a Ciclope.
Solite facce, quello stronzo di Aloysius, Carlisle sempre impeccabile e i quattro moschettieri, ovvero io e gli altri tre di Ciclope. Due li avrebbero espulsi presto, nessuna percezione dal cinquantatré. Dodici anni di tentativi bastano. Ogden le aveva, le percezioni, ma stava per andare fuori di testa. Dopotutto è una cosa pesante da sopportare.
Aloysius non perse tempo : "Abbiamo perso un aereo. Uno Starfighter è stato abbattuto. Il capitano Philip Eldon Smith al momento risulta disperso, ma abbiamo già informazioni che lo darebbero per vivo. Lui non ci interessa, il Mig19 che ha abbattuto il suo aereo pensa di aver fatto fuori un normale intercettore. Se siete qui sapete che, invece, trasportava un Ciclope."
Puntò gli occhi porcini su di me e sparò : "Wade, tu non mi freghi. Tu le percezioni le hai. Quel ciclope è della tua rete, è il momento di fare il tuo dovere".